martedì, 14 Gennaio, 2025
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Putin nella rete di guerre concatenate

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La Storia non finisce e non si ferma. Mai. Le due decadi del nuovo secolo e addirittura del nuovo millennio lo hanno ampiamente dimostrato, dall’11 settembre in avanti. Ma nella terza decade, quella che stiamo vivendo, stiamo assistendo ad un’accelerazione impressionante, e purtroppo segnata dalla cifra della guerra. Due nuove date hanno segnato indelebilmente il nuovo passaggio di fase e gli sviluppi che esse hanno determinato intersecano Europa e Oriente Medio in misura assai maggiore di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare. 24 febbraio e 7 ottobre hanno provocato uno tsunami i cui effetti si stanno avvertendo in tutta la loro potenza solo ora, a molti mesi da quelle due date che entreranno nei libri di storia.

Prendiamo la Russia. La Russia neo imperiale di Vladimir Putin. Quando impegnò la propria aviazione per bombardare, era il settembre 2015, i ribelli antigovernativi siriani, imprimendo così una svolta decisiva alla guerra civile a tutto favore di Bashar al-Assad, aveva ben chiaro il proprio obiettivo primario, oltre al consolidamento di una sostanziale alleanza che datava sin dai tempi dell’Unione Sovietica: rafforzare la propria presenza nel Mediterraneo, trasformando in attrezzate basi militari gli insediamenti portuali e aeroportuali di Tartus e Hmeimim nei pressi di Latakia.

Una presenza che sarebbe stata ampliata poco dopo con il sostegno al maresciallo Khalifa Haftar, dominus della Cirenaica, l’oriente libico, e il conseguente irrobustimento della propria diretta presenza militare: innanzitutto il porto di Tobruk (altra strategica presenza mediterranea) e la base interna ma non troppo distante da Bengasi di al-Khadim, e successivamente anche due altre postazioni nella Libia centrale, utili a veicolare armi e militari/mercenari verso il Sahel, area pure essa di massimo investimento geopolitico da parte di Mosca. Prima attraverso la compagnia Wagner di Evgenij Prigozhin e dopo la morte di quest’ultimo in controllo diretto sotto la sigla Africa Corps, la Russia ha così ampliato la propria penetrazione logistica nel Fezzan libico, ovvero nel Sahara confinante col Sahel, e quindi agevolando i collegamenti logistici verso il Sudan, il Ciad e il Niger. Allargando pertanto la propria influenza nell’area, che non per caso è stata immediatamente dopo interessata da una serie di colpi di stato militari (appunto Ciad e Niger e poi anche Mali, Burkina Faso, Guinea, Gabon) che hanno assunto caratteri anti-occidentali e orientato questi paesi in direzione di Mosca (ancorché senza tratti di definitività).

Un investimento nel continente volto non solo a conquistare spazio geopolitico ma anche, e forse soprattutto, a reperire nuove fonti di entrata economica dopo le sanzioni occidentali subìte in seguito all’annessione della Crimea nel 2014. Ricche miniere d’oro e d’altri minerali da sfruttare pagandole mediante accordi di sicurezza militare, propaganda e disinformazione locale a vantaggio dei generali golpisti, transazioni finanziarie opache e quant’altro. Una forma aggiornata di colonialismo da utilizzare anche in chiave ONU, posto il rilievo numerico che, insieme, questi stati africani hanno in quella sede. Come si è visto in occasione delle votazioni sulle risoluzioni di condanna dell’invasione dell’Ucraina.

Ma proprio l’impegno contro Kijv, prolungatosi nel tempo e aggravatosi nei costi oltre ogni più pessimistica previsione, ha progressivamente distolto energie, risorse e da ultimo anche uomini dal quadrante africano sino alla resa siriana: quando avrebbe dovuto, di nuovo, proteggere il governo di al-Assad Mosca si è resa conto di non essere più in grado di farlo e così Putin ha dovuto limitare il proprio sostegno alla salvezza della vita del deposto dittatore e della sua famiglia nonché di un numero ristretto di dignitari del regime. Non solo. Ha dovuto acconciarsi ad una umiliante trattativa per salvaguardare l’integrità dei suoi tanto agognati e importanti sbocchi infrastrutturali sul Mar Mediterraneo, con esiti tuttora non definitivi peraltro.

Ecco così che dal punto di vista russo le scelte operate il 24 febbraio 2022 hanno inciso direttamente sugli avvenimenti successivi al 7 ottobre 2023 in un modo affatto prevedibile al tempo nel quale vennero definite. È un mondo sempre più integrato. Anche nello sviluppo delle guerre. Anzi, soprattutto nello sviluppo delle guerre.



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