martedì, 14 Gennaio, 2025
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PDE con Sandro Gozi alla Convention del Partito Democratico degli Stati Uniti a Chicago

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Il Partito Democratico Europeo era rappresentato dal suo Segretario Generale, MEP Sandro Gozzial DNC di Chicago, la convention del Partito Democratico americano che ha nominato Kamala Harris come candidata alle prossime elezioni presidenziali. Questo è il suo rapporto.

Sito web dei Democratici Europei - https://democrats.eu

“Notte, notte a Trump”. Tra l’orgoglio della vittoria olimpica e l’entusiasmo collettivo, è stato l’allenatore della squadra di basket statunitense, Steve Kerr, ad aprire la strada ad una convention democratica assolutamente straordinaria ed energica a Chicago, dove ho avuto il privilegio di rappresentare il partito democratico europeo. Festa.

La convention è stata un vero spettacolo, con brevissimi interventi di personalità della politica (per me Pete Buttigieg, Michelle Obama e Josh Shapiro sono stati i migliori), dello sport, della società civile, dei sindacati, delle madri dei giovani vittime delle stragi americane scuole, genitori degli ostaggi dei barbari di Hamas e cantanti famosi. Una vera orchestra ha scandito il ritmo tra gli interventi, una canzone per stato o territorio americano (da Sweet Home Alabama a Born in the USA…) e il DJ Metro di Chicago ha allietato la serata finale. Molti interventi sono arrivati ​​dagli stati indecisi: Pennsylvania, Michigan, Wisconsin…

Rispetto a luglio, quando tra i miei interlocutori a New York e Washington si respirava un generale senso di tristezza e ansia, la corsa presidenziale è ormai aperta, la vittoria è possibile, anche se resta una sfida importante e complessa per i democratici. Se dovessi scegliere un titolo, direi “Nuovo ottimismo in un’America ancora preoccupata”.

Una nuova via da seguire”, “Non torneremo indietro”, “Quando combattiamo, vinciamo” e “Gioia” sono i messaggi chiave che arrivano da Chicago.

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I nostri alleati democratici statunitensi vedono nella difficile situazione economica della “classe media” e nei diritti civili le questioni centrali di queste elezioni presidenziali. Kamala Harris si è presentata come la “presidente di tutti gli americani”. Ha insistito sul suo background (classe media, madre indiana…) e ha promesso incentivi fiscali per i posti di lavoro, tagli fiscali per la classe media; la riaffermazione del diritto all’aborto a livello federale; il rilancio dell’accordo “bipartisan” sull’immigrazione bloccato da Trump al Congresso. Ha attaccato Trump per aver voluto abbandonare gli alleati storici dell’America e ha insistito sul ruolo e la leadership globale degli americani per la democrazia e la pace, ma anche sull’impegno a mantenere la superiorità militare americana. Lui ha sottolineato il partenariato transatlantico, il sostegno all’Ucraina, la liberazione degli ostaggi di Hamas e il cessate il fuoco a Gaza. Kamala Harris vuole lavorare per la pace e la democrazia sulla scena mondiale, mentre Trump vuole l’isolamento e guarda agli autocrati (Putin, Kim Jong-un…) che sono, dopo tutto, i suoi veri modelli.

Tutti gli interventi hanno sottolineato la necessità di portare avanti le politiche di Joe Biden per l’occupazione e l’assistenza sanitaria, di proteggere l’istruzione pubblica e, soprattutto, di continuare la lotta per la democrazia, le libertà e i diritti civili, insistendo in particolare sui diritti delle donne e delle persone LGBTIQ+.

Di fronte a Trump, i democratici hanno ormai abbracciato il concetto di “libertà”, che è stato per lungo tempo il messaggio chiave dei repubblicani, questa volta nella versione di “libertà di scelta”. Per la prima volta in almeno 30 anni, i democratici hanno anche abbracciato una nuova forma di patriottismo gioioso, inclusivo e aperto: lo slogan ‘USA, USA’ ha accompagnato l’intera convention.

È una battaglia tra due personalità molto diverse. Kamala Harris si preoccupa delle persone” contro Trump: “si preoccupa solo di se stesso”. Ottimismo contro cinismo. Gioia contro tristezza. “Noi il popolo” (Democratici) contro “Mr. Me’ (Trump).

Tutti hanno insistito affinché alla Casa Bianca dovesse andare il pubblico ministero (Harris) al posto di un criminale (Trump).

Da un lato, i messaggi per mobilitare gli animi dei militanti erano molto progressisti e socialmente impegnati. Differenti, invece, sono stati i messaggi rivolti agli elettori repubblicani e a quelli indipendenti, con discorsi di ex consiglieri di Trump che hanno lasciato la Casa Bianca durante la sua presidenza ed ex deputati e governatori repubblicani che hanno denunciato il tradimento dei valori conservatori da parte di Trump. Molto equilibrato, centrista e impegnato a livello internazionale, conclude Harris.

La gara è aperta. Riguarda anche la possibilità di riconquistare la maggioranza democratica alla Camera dei Rappresentanti. È un’elezione che ci tocca più direttamente di altre. L’estrema destra in Europa guarda a Trump: da Orbán alla Meloni, da Le Pen a Vox e Salvini. Le esitazioni e i gravi errori della Meloni negli ultimi due mesi in Europa sono tutti legati alla sua tacita scommessa su Trump. Che, del resto, non la ignorerà, anzi.

Mentre i democratici americani vogliono impegnarsi ancora di più con i democratici e i riformatori europei sulle grandi sfide del nostro tempo: clima, democrazia, nuova governance globale, pace. Ho avuto anche l’opportunità di discutere questi temi a Chicago con vari membri dell’Amministrazione e del Congresso.

Noi, Democratici Europei di Renew Europe, faremo tutto il possibile per sostenere la corsa di Harris e siamo pronti a lavorare con la prima donna presidente degli Stati Uniti d’America: ‘Yes She Can’.

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