martedì, 14 Gennaio, 2025
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La questione sociale e le risposte della politica.

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È indubbio che esiste nel nostro paese, purtroppo, una nuova ed inedita ‘questione sociale’. I numeri ce lo dicono apertamente, e anche senza fare inutili e demagogici allarmismi. La crescita della povertà, l’aumento delle disuguaglianze sociali, la difficoltà del cosiddetto ascensore sociale e il consolidarsi del disagio e dell’esclusione in molte aree metropolitane sono la conferma della irruzione, appunto, di una moderna ed inaspettata ‘questione sociale’. A fronte, e non si può affatto dimenticare o sottovalutare, di una crescita esponenziale dell’occupazione, dell’aumento significativo del Pil, di un incremento dell’export e di uno scenario economico a breve/medio termine che non va nella direzione della recessione e della decrescita. E questo, va pur detto, è anche e soprattutto merito delle scelte politiche concrete del Governo Meloni.

Detto questo, per essere onesti intellettualmente, ci sono però due strade concrete per cercare di affrontare una ‘questione sociale’ che presenta, come sempre capita, aspetti preoccupanti se non addirittura inquietanti anche sotto il versante politico, culturale e, a volte, della stessa tenuta dell’ordine pubblico.

La prima strada è quella di trarre da una risorgente ‘questione sociale’ l’occasione per innescare una sorta di guerra totale contro il Governo in carica, contro gli avversari/nemici politici e, in ultima  analisi, contro tutto ciò che contrasta contro la propria visione e il conseguente progetto politico. È la strada, del tutto legittima, che sta perseguendo concretamente lo storico sindacato rosso, la Cgil, e in particolare il suo segretario generale Landini. Una strategia che non può che radicalizzare le posizioni, che trasforma la stessa ‘questione sociale’ in uno strumento attorno a cui costruire un progetto politico. Al di là del giudizio di merito su questa strategia, è indubbio che la ‘questione sociale’ diventa solo un aspetto, peraltro importante, finalizzato a delineare una prospettiva tutta ed esclusivamente politica con il rischio di non affrontare concretamente le singole questioni sul tappeto. Posizione, questa, a cui si accodano tutti coloro che concepiscono la politica all’insegna di una permanente e strutturale radicalizzazione.

La seconda strada, seppur altrettanto opinabile, è quella di privilegiare la via della concertazione, della condivisione e della contrattazione. È la via praticata dalla Cisl nel mondo sindacale e da quei soggetti politici che privilegiano la cultura della mediazione, dell’approccio riformista, della ricerca della sintesi e delle soluzioni condivise. Cioè di trovare soluzioni concrete, al di là della sola polemica politica frontale con la controparte. Sia essa politica, sindacale o governativa.

Comunque sia, la ‘questione sociale’ non è una variabile indipendente ai fini della stessa politica di sviluppo e di crescita nel nostro paese. E sullo stesso piano, non si può non affrontare e perseguire, con la dovuta attenzione e sensibilità, anche quella giustizia sociale che era, è e resta la vera priorità per le forze politiche che fanno del riformismo e di una seria e credibile cultura di governo la loro cifra essenziale di comportamento. Perché proprio attorno alla ‘questione sociale’ si misura la credibilità e la stessa maturità dei partiti che si definiscono democratici, riformisti e di governo.

L’articolo La questione sociale e le risposte della politica. proviene da Il Domani d'Italia.



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