martedì, 14 Gennaio, 2025
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Il dono dell’Avvento: tempo per riflettere e rinascere.

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Pare che si sia entrati liturgicamente nel tempo di Avvento: non più di sei settimane, giorni che dovrebbero mettere gli uomini in tensione per un viaggio da fare e per il quale nessuna agenzia può aiutare a organizzare le tappe e la meta finale.
Occorre sapersela cavare da soli, quindi fermarsi per riflettere su come sia meglio procedere, scegliere cosa mettere in valigia e soprattutto con che animo disporsi alla partenza. Non c’è mai cura per questo; c’è sempre altro da fare e priorità da rispettare, che mettono urgenza, in modo che, smaltite alcune, altre immediatamente si propongono.
Eppure la lettura dei giornali può tornare utile per mettere a fuoco la consistenza del nostro quotidiano e per sapere del rimpianto che si dovrebbe misuratamente avere quando si intraprendono passi per cui devi abbandonare per qualche giorno la consuetudine umana.

La politica non riesce a suscitare sorprese, non una nota che sia in grado di fermare l’attenzione del lettore. Partiti litigiosi che sbraitano non per il bene del popolo, ma per giustificare la loro esistenza e sopravvivere per come possibile. La compostezza non è più di quel mondo.
In televisione, la consueta formula per tenere un popolo addormentato: dosi massicce di cronaca nera, che fa di ogni spettatore un detective di lusso; quiz a più non posso, per far sognare la vincita che cambia una vita; sport a tutto spiano, per non far pensare ad altro; e talk show, dove si riesce con arte sopraffina a parlare per ore del nulla.
In cronaca, delitti su donne vittime di violenza, accoltellamenti tra giovani appena svezzati o notizie di guerra in questa e quella parte del mondo, e così via nel solito campionario di notizie sempre uguali.

Insomma, mai un balenio che possa accendere davvero l’attenzione di qualcuno oltre la lettura dei titoli del giornale. La fatale ricorrenza dei fatti segna la banalità delle normali esistenze degli uomini. Forse è inevitabile che sia così, che non possano che esserci episodi ripetitivi che indicano come la storia degli uomini non possa avere lampi di fantasia, al pari delle giornate che scorrono prive di un’improvvisazione.
La vita è, per definizione, un’occasione che non va trascurata o sottovalutata e che invece si consuma perlopiù in modo scialbo: è un tempo che andrebbe speso sempre al meglio delle sue possibilità.
La realtà dice che l’effervescenza è appunto nella rarità dei momenti da conservare tra i ricordi. La morte porrà termine a una serie di fatti per la maggior parte privi di sorprese, che non muovono particolari nostalgie e che non meriterebbero menzione se non per la mancanza di carattere.

È così che stanno le cose ed è fatale che non possano essere diversamente. Se non fosse per il naturale timore della morte e si fosse onesti nella valutazione, non sarebbe un’eresia dire che l’esistenza di per sé, così come consumata dagli uomini, non ha nulla di esaltante ed è anzi piuttosto incline alla noia.
Eppure c’è un segreto che ciascuno in origine possiede e che è lasciato malamente nel dimenticatoio: la possibilità di pensare ai propri giorni perennemente come un tempo di Avvento, di darsi un respiro diverso, di regalarsi ingredienti di sostanza in grado di dare sapore persino a ciò che è inevitabilmente rituale.
Si tratta di una rivoluzione da farsi scoppiare dentro, senza esibizioni e ancor più consenso degli altri. È l’impegno a considerare ogni relazione come un dono da non trascurare, prendendone piuttosto il meglio che possa offrire, alimentandola di rimando.
È la capacità di considerare ogni giorno come un’opportunità irripetibile di riflessione, scambio e conoscenza. È ritrovare la straordinarietà in ciò che diamo per scontato. Soprattutto, è l’attenzione a sprecare il meno possibile di quanto ci è dato.
Più di tutto, per buona sintesi, è vivere con amore, con la “A” maiuscola: roba non da poco, la sola impresa su cui cimentarsi e che ci riesce sempre naturalmente all’inverso. Sarà colpa della nostra paura di scardinare il prossimo e di esserne scardinati.

Abbiamo solo sei settimane per allenarci a tutto questo. Il doppio delle “tre settimane da raccontare” di Bongusto, che descrivono l’esplosione di una passione.
Il tempo comunque è breve; occorre approfittarne per non appigliarsi in estremo a un tempo magari più lungo, che ci chiede già da troppi anni di essere ascoltato ed essere messo a frutto. Il Natale è alle porte. A noi il potere di aprirle o di rinunciare.



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