Qualcosa, anzi più di qualcosa, era emerso già lunedì scorso alla Lumsa al convegno sui cattolici dopo la Settimana Sociale di Trieste. Secondo Stefano Cappellini di Repubblica, Ruffini non avrebbe dovuto parteciparvi perché organizzato “dall’ex ministro Beppe Fioroni”. Ohibò! Come che sia, adesso si entra nel vivo. Ernesto Ruffini compie un passo significativo, ufficializzando in un’intervista, pubblicata ieri sul Corriere della Sera, le sue dimissioni da direttore dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia non si tratta di un preludio a un ingresso in politica. “Non scendo in campo, ma rivendico il diritto di parlare” ha affermato, spiegando altresì che le dimissioni rappresentano “l’unico modo per rimanere me stesso” dopo gli attacchi subiti.
Un messaggio forte al governo
Ruffini non le manda a dire: respinge con fermezza le accuse rivolte all’Agenzia delle Entrate, tacciata di essere una sorta di “estorsore di un pizzo di Stato” o di tenere “in ostaggio” le famiglie. Parole pesanti, che secondo lui hanno contribuito a creare un clima di delegittimazione del lavoro svolto dall’amministrazione fiscale. Una posizione che, per molti, suona inevitabilmente come politica, spingendo a interrogarsi sul suo futuro.
Un profilo rispettato, ma…
Cattolico, stimato trasversalmente per integrità e competenza, Ruffini è stato subito evocato come possibile federatore di una coalizione neo ulivista o come leader di una nuova forza democratica e popolare. Romano Prodi, considerato uno dei suoi grandi sostenitori, ha commentato con una punta di apprensione: “Ruffini è retto, capace, conosce il Paese. Ma bisogna vedere se infiamma la gente. Il problema è questo”. Un nodo cruciale, in astratto, per chiunque ambisca a guidare una nuova stagione politica.
Occorre notare che nel Pd le reazioni sono state tiepide, se non decisamente fredde. Anzi ostili, in taluni casi, visto il rilancio su Sala del sindaco di Torino, Stefano Lo Russo. E Graziano Delrio, preoccupato per la piega assunta dagli eventi, si è limitato a ribadire che “è meglio partire dal progetto che dai nomi”. Insomma, si cerca di non perdere la comunicazione.
Il fatto è che lo schema di Elly Schlein è saltato: la sua pretesa di rappresentare, già ora e senza contendenti, l’alternativa alla Meloni, cede alla novità di un quadro in rapida evoluzione, con un convitato di pietra – per un attimo non tiriamo Ruffini per la giacchetta – che può puntare alla guida di un nuovo centro-snistra.
Uomo di dialogo e sfide
Indubbiamente, il percorso si presenta in salita. Ciò nondimeno la reputazione di cui gode Ruffini potrebbe rappresentare un punto di ripartenza per un mondo che cerca una guida lontano dalle polarizzazioni artificiali. Ed è proprio questo il momento di incoraggiarne se non l’azione immediata, quanto meno la testimonianza attiva e di lunga durata. Certo, non per rimaneggiare una stemperata politica senz’anima e passione, all’ombra del moderatismo. Il cattolicesimo democratico può dare molto di più, con generosità. E l’Italia, mai come oggi, sembra avere bisogno di voci nuove, capaci di conciliare competenza, integrità e capacità di dialogo.