martedì, 14 Gennaio, 2025
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Dopo Trieste, appunti sulla presenza dei cristiani nella società.

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L’interessante convegno sul “Dopo Trieste”, in programma lunedì 9 dicembre presso l’Università Lumsa, non deve rimanere un appuntamento isolato. Come sottolineato nella presentazione de “”Il Domani d’Italia”, il convegno “…non ha un carattere politico, in senso stretto, semmai costituisce un’occasione per indagare gli sviluppi, diretti o indiretti, della Settimana Sociale dei cattolici”. Ebbene sì, Trieste non deve essere trascurata perché richiama anzitutto il valore di un impegno che muove dal contesto civile e culturale, per coglierne tutta intera la forza dell’innovazione. Non si tratta di lanciarsi perciò nella formazione dell’ennesimo partito, magari etichettandolo cristiano, ma di riprendere un discorso sull’evoluzione – giusta ed umana – della società, come si ricava dalla tradizione dei cattolicesimo popolare e democratico.

“…Oggi non rimpiangiamo il passato… c’è qualcosa che è caduto e che doveva cadere, c’è qualcosa che è rimasto, e che è bene sia rimasto: ma soprattutto ci sono esperienze di vita, forze allenate, vitalità nuove, realtà più sentite, difficoltà superate, pensiero più maturo…”. Un metodo di indagine sociologica fenomenologica, che l’autore di queste parole, Luigi Sturzo, ha sempre adottato.

Se questo lessico suona attuale è perché riguarda proprio il “Dopo Trieste”. Giova, per wuesto, osservare attentamente la realtà per non ignorare il frammentato e plurale cattolicesimo politico, sociale e culturale italiano dei giorni nostri, alla ricerca di un’identità smarrita – non per colpa sua, ma per colpa della storia e della secolarizzazione. Il pensiero democratico dei cristiani, sebbene in apparenza disarticolato, è sostanzialmente ancora vivo, anche se va alla ricerca di un modo nuovo per tradurre la Dottrina sociale della Chiesa nella dimensione della vita pubblica contemporanea. Bisogna far trsoro dell’esperienza che annovera al suo interno figure come Dossetti, La Pira, Moro, fino a Mattarella; un’esperienza – vale la pena ricordarlo – che ha visto germogliare nel dopoguerra l’intuizione fattiva di De Gasperi per l’Europa unita.

Alcune parole che rimbalzano oggi con assoluta freschezza non sono recenti, visto che provengono dal lontano 1905. Le pronunciò Luigi Sturzo a Caltagirone, in un discorso che già allora mirava a fare scendere i cattolici italiani nell’agone politico, posto che fino ad allora erano rimasti all’opposizione dello Stato liberale. Sturzo divideva il mondo cattolico in due: i “cattolici democratici” (progressisti) e i “cattolici clerico-moderati” (conservatori). Questa divisione, ancora ai nostri giorni, si riflette nel mondo cattolico e persino nell’ambito dello stesso Vaticano, stante la divisione tra bergogliani e anti-bergogliani.

Riflettere su queste parole significa ripercorrere la lunga storia dell’impegno politico dei cattolici italiani nel Novecento, un impegno che si è confrontato – e ancora lo fa – con guerre, nazionalismi, emigrazione, capitalismo finanziario, intelligenza artificiale e suggestioni autocratiche di uomini forti. Al riguardo, Papa Francesco si esprime con la formula di “cambiamenti d’epoca”. Comunque, in questo contesto persino tumultuoso, il fluttuante voto dei cattolici italiani si orienta a maggioranza verso FdI e FI. Ed è un problema!

Non ci sono scorciatoie. E difatti, sull’attuale presenza di “…forze allenate, vitalità nuove, realtà più avvertite…”, nutro dubbi, soprattutto alla luce della richiesta ricorrente di lanciare un nuovo partito politico, che troppo spesso ha oscurato l’importanza di un lavoro di analisi e approfondimento. L’invito di Sturzo a superare il passato senza rimpiangerlo, pur conservando ciò che di buono è rimasto, ci sollecita a un pensiero più maturo.

Dunque, ritornare alla “Settimana di Trieste” e riscoprire il protagonismo che essa sollecita non è velleitario. È un’occasione per riprendere il dialogo, a partire dalle dimensioni locali e diocesane, facendo leva sul prepolitico culturale, sull’associazionismo e sui movimenti civici. La sfida è coordinare le molteplici iniziative per non rimanere in silenzio e defilati, ma essere protagonisti nella costruzione di una società più giusta e consapevole.



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