La crisi della democrazia è stata affrontata nella Settimana sociale di Trieste con importanti contributi di analisi. Su questa scia bisogna continuare a interrogarsi, come ci propone “Il Domani d’Italia” con la conferenza di domenica 19 gennaio, a Roma, affidata al rettore dell’università Lumsa, il prof. Francesco Bonini. Il titolo non è casuale – “La democrazia dei liberi e forti” – perché la data della conferenza coincide con l’anniversario della fondazione del Partito popolare (18-19 gennaio 1919). L’attenzione alla storia – la nostra storia – non vuole essere un amarcord bensì la proiezione sull’oggi dei valori che contraddistinguono il popolarismo. Sturzo è stato l’uomo di fede e di azione che vide lucidamente i gravi fattori di debolezza dello stato liberale, specie dopo la Grande guerra, e volle il nuovo partito schierato a difesa degli istituti di libertà e democrazia, pur nella logica di un profondo rinnovamento. Sicuramente fu tra i più lucidi nel cogliere la natura illiberale e autoritaria del fascismo, dando un esempio di intransigenza fino al sacrificio dell’esilio volontario.
Questo è il retroterra ideale e politico di cui possiamo andare orgogliosi. Sono convinto, perciò, che la tendenza a mimetizzare la specificità del cattolicesimo democratico e popolare, capace di assurgere a caposaldo della Repubblica con la formidabile esperienza di governo della Dc lungo quasi mezzo secolo, abbia indebolito non solo le già fragili esperienze della diaspora democristiana, ma anche la politica nel suo complesso. È venuto a mancare con la critica alla figura identitaria di partito, obnubilando le ragioni della proposta “democratica e cristiana”, uno dei principali pilastri della dialettica civile e politica. Anche il mondo cattolico è stato risucchiato in questo vortice di amnesia e confusione, sciupando energie preziose nel tentativo di “riannodare i fili” a prescindere dal filo principale della politica – quella d’ispirazione cristiana – del secondo Novecento.
Se dobbiamo voltare pagina, è assai improbabile che ci si riesca continuando ad assecondare la vocazione a nascondersi o peggio ancora a collocarsi in qualche zona franca del potere, sfruttandone gli interstizi. La spazio per una proposta politica esiste, anzitutto per il degrado della politica attuale, ordinata secondo le regole astratte di un bipolarismo sempre più radicalizzato, da cui deriva la disaffezione e persino il disgusto per i partiti, il sistema nel suo complesso, la democrazia tout court. La voce del cattolicesimo democratico non può restare afona: l’occidente si sta pericolosamente affacciando sull’abisso di una libertà che premia i ricchi e i potenti, senza più nemmeno il freno delle grandi visioni ideologiche. Passo dopo passo, l’esempio delle “democrature” pervade la sensibilità di una pubblica opinione disorientata e stanca.
L’invito al cambiamento deve significare dunque la ricerca di nuove basi e nuovi indirizzi sul terreno proprio della politica. Ciascuno può dare un suo contributo, chi sviluppando un lavoro di studio e chi provando a riorganizzare, in attesa di tempi più maturi, le coordinate di una presenza sociale (e nondimeno amministrativa, al fianco e a sostegno di tante esperienze civiche). Questo passo in avanti va fatto, con serietà, tenendo a bada gli istinti funambolici degli improvvisatori e dei “senza tetto” della politica. Tracciato il cammino, può essere più chiaro per tutti quale debba essere l’impegno più immediato e soprattutto più utile per il Paese.
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